Patto scuola famiglia

Patto scuola famiglia

“Corresponsabilità e sfida educativa”

La Scuola Umberto e Margherità propone periodicamente incontri dibattito sulla relazione e collaborazione tra scuola famiglia nel complesso e affascinante compito educativo. Partecipano esperti di Pedagogia Generale, Educatori e Psicologi.


I 130 anni

La Scuola Umberto e Margherita compie 130 anni

“130 anni portati bene”

Non è facile riassumere i centotrent’anni di attività della scuola Umberto e Margherita, senza passare per quei valori che ne hanno sempre contraddistinto l’agire e il fare. Come un gomitolo, in cui i fili si intrecciano tra loro, anche le vicissitudini della scuola si sono incrociate e amalgamate con quelle della città, al punto da rendere l’istituto di via Martini, incastonato nello storico quartiere di Castello (nella foto un’incisione del 1895), un importante punto di riferimento per gli abitanti del centro storico e non solo.

 

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Notizie storiche

 

Il complesso che comprende l’asilo intitolato a “Umberto e Margherita” e la Chiesa di Santa Lucia in stile gotico-catalano, al n°13/15 di Via Martini, sorge nel quartiere storico di Castello, tra piazza Indipendenza e piazza Palazzo, prospiciente Via Martini e delimitato nella zona retrostante dalla scarpata rocciosa, inglobando parti delle mura di fortificazioni medioevali.

Oggi il corpo di fabbrica consta una serie di edifici costruiti e aggiunti in diversi periodi storici, a partire dalla data della sua fondazione risalente al 1539 fino ai nostri giorni, compresi i locali costruiti tra gli anni 1930-50  nel terrazzo esistente tra le mura ed il costone roccioso e le diverse ristrutturazioni che si susseguirono fino agli anni sessanta.
Una lapide di marmo collocata nell’architrave della porta laterale della chiesa ricorda che il monastero fu eretto nel 1539, nell’area delle fortificazioni pisane, accanto alla chiesa già appartenuta all’ospedale di S. Lucia, per volere del vicerè Antonio Cardona che, insieme a sua moglie donna Maria Cardona e Recasens, vollero la fondazione di questo convento che fu assegnato ad un gruppo di 12 suore clarisse, arrivate da Barcellona con l’autorizzazione di Papa Paolo III, guidate da suor Angela Madrigal e sotto la custodia dei frati minori dell’Osservanza della provincia di San Saturnino fino al 1711.
Dopo questa data il monastero fu assoggettato alla giurisdizione dell’arcivescovo di Cagliari.
Un prezioso disegno, conservato nell’Archivio di  Stato di Cagliari, mostra la pianta del complesso come era nel 1765, con di fronte il pozzo di Santa Lucia, uno dei due pozzi di approvvigionamento d’acqua potabile per Castello;  e davanti all’ingresso della Chiesa un portico. Accanto alla fontana sorgeva un mulino. Vi è inoltre indicata l’esistenza di una cavità sotterranea che comunicava con piazza Indipendenza.
La comunità, con l’andare del tempo arrivò a contare anche 40 suore, curava in modo particolare l’educazione e la formazione delle giovani donne della nobiltà cagliaritana. Il monastero in realtà era più grande di quanto sia oggi, poichè comprendeva anche il palazzo Bellegrande al quale era collegato da un ponte sovrastante la strada e formante un corridoio chiuso,  eliminato per il passaggio del tram alla fine del XIX secolo.
Nel corso del settecento e dell’ottocento vi furono diversi interventi tutti rilevabili da diversi documenti esistenti nell’Archivio Storico Comunale di Cagliari. Nel 1776 la Regia Segreteria di Stato e di Guerra, su indicazione della Badessa del Monastero, dà disposizione perchè siano reperiti fondi per la riparazione dell’edificio. Nel 1804 la Città dispone che vengano eseguiti i lavori di riparazione del monastero.
Nel 1833 la Segreteria di Stato e di Guerra approva il progetto per la realizzazione di un locale all’interno del monastero, in seguito all’istanza della stessa Badessa. Nella stessa occasione si approva la realizzazione all’interno del monastero di un canale e nel 1834 si avviano i lavori, per portare l’acqua della fontana fino al bastione di S. Caterina per innaffiare le piante che vi erano. Anche per la fontana, le cui vicissitudini  sono strettamente collegate al monastero, vi sono una serie di documenti che ne attestano le diverse fasi e momenti di intervento ristrutturativi.
Nel 1803 si provvede al pagamento per i lavori di restauro della fontana. Nel 1804 si provvede alla pulizia perchè i detriti accumulatisi limitano notevolmente l’uscita dell’acqua. Tra il 1808 e il 1841 vi sono una serie di attestanti interventi per la miglior funzionalità della fontana.
Nel 1841 il monastero contava solo 18 monache ed aveva gravi problemi. Secondo una perizia fatta dall’architetto Cima nel 1843, alcuni archi della fontana davano segni di cedimento strutturale per il gravare su di essi delle mura del monastero e pare vi fosse minaccia di crollo. Dopo diversi anni venne effettuato il restauro. Nel 1854 con la soppressione degli ordini religiosi, il convento di Santa Lucia divenne proprietà del demanio ed in seguito divenne proprietà di privati. Il convento fu ceduto a Francesco calvi e la chiesa al Visconte Francesco Asquer, i due edifici furono totalmente trascurati ed il monastero cadde in rovina.
Nel 1888, sotto la pressione di un “comitato di quartiere” venne fondato l’Asilo, per volere del Prefetto Comm. Gaetano Brussi e della moglie Donna Teresa Brussi, con la denominazione “Umberto e Margherita” destinato all’istruzione dei bambini poveri di Castello, ed era gestito da una suora del Regio Conservatorio. La sede fu al n°42 della via Martini. Nel 1890 nel ex monastero si stabilirono anche l’associazione dei luigini e delle Figlie di Maria.
Nel 1894, il fabbricato in rovina dell’ex convento fu acquistato dal sacerdote don Felice Prinetti, rappresentato dall’avvocato Enrico Sanjust, Presidente del consiglio d’amministrazione del Conservatorio della Provvidenza e che era anche Presidente dell’asilo. Nel frattempo l’asilo essendo diventato insufficiente fu trasferito nel fabbricato appena acquisito. Nell’atto di vendita non è menzionata la chiesa in quanto era ancora di proprietà degli eredi del Visconte Francesco Asquer.
Nel 1895 si demoliscono le rovine e si ristruttura lo stabile, dandone la gestione alle suore di san Vincenzo. Con il passare del tempo, attraverso varie donazioni, diventò fiorente e vi si aggiunse anche  un laboratorio di cucito e ricamo per ragazze povere. Nel 1898 Monsignor Paolo Maria Serci, arcivescovo di Cagliari, riaprì al culto la chiesa. Dopo la prima guerra mondiale, con la superiora suor Jacob, rifiorì. A sue spese fece costruire, sui locali esistenti, un grande camerone per alloggiare giovani donne di passaggio, creando nel 1925 l’opera della Protezione della giovane, più due o tre pensionati a pagamento. Dopo varie e alternate vicissitudini, oltre che di gestioni amministrative diverse, nel 1960 ad opera del nuovo amministratore Ing. Alberto Sanjust, si ristrutturò l’edificio, internamente, aggiungendovi inoltre alcuni locali, così come oggi lo vediamo.

La Chiesa di Santa Lucia

La chiesa di Santa Lucia, databile alla prima metà del XVI secolo, è d’impianto tardo gotico, ad aula con cappelle laterali e presbiterio quadrato più basso e stretto della navata, secondo una tipologia specifica del gotico-catalano in terra sarda. Una cantoria, sorretta da volta con arco ribassato, sovrasta l’ingresso principale. La navata è divisa in due campate di pianta rettangolare, leggermente differenti per dimensioni, con volte a crociera ogivale costolonate, con gemma pendula, come chiave di volta, impostate su peducci sobriamente decorati. L’abside, leggermente più stretta della navata, si innesta nell’aula mediante un arco presbiteriale a sesto acuto modanato a toro e gola con capitelli di stile gotico-catalano, a volta stellare con nervature ogivali, gemme pendule simili a quelle di san Giacomo, peducci decorativi con motivi fito-antropomorfi.
 
Chiesa di Santa LuciaNella seconda campata a destra, vi sono due cappelle di pianta rettangolare, con l’asse maggiore ortogonalmente all’ambiente principale; la seconda a volta sesquilatera, costruita da una volta a crociera quadrata ogivale con gemma pendula  e affiancata da una mezza crociera con gemma incastrata nell’arco che la collega alla navata. Fu costruita, si ritiene, dalle stesse maestranze che costruirono la chiesa della Speranza e l’edicola e l’edicola della sacrestia dei Beneficiati in Duomo, in quanto presentano la stessa volta sesquilatera della cappella nella chiesa di santa Lucia.
 
Maria Freddi ritiene che questa sia la parte più antica di tutta la chiesa, cioè la cappella dell’ospedale di santa Lucia, ceduta nel 1539 dal vicerè Cardona alle clarisse venute da Barcellona e quindi databile alla fine del XV secolo. La soluzione fu adottata, probabilmente, per rendere più armonici i piccoli ambienti che, indipendentemente dallo stile adottato gotico-catalano, rivela un attenzione particolare all’articolazione dello spazio sensibile  alle innovazioni del Rinascimento italiano. La seconda cappella uguale per dimensioni e iconografia ma improntata a stilemi classicheggianti, ha la volta a botte lunettata con testata a padiglione impostata su un cornicione modanato aggettante che corre lungo tutto il perimetro. Questa fu eretta probabilmente tra la fine del 1500 ed i primi del 1600, ed è attribuita al cagliaritano Francesco Escanu. Coevo deve essere anche il portale lapideo incorniciante l’arco d’accesso alla cappella laterale sinistra, che presenta: due alte basi sormontate da colonne scanalate a rudente con capitelli corinzi ed un alta trabeazione; la trabeazione ha un fregio a girali d’acanto e su di essa è impostato il timpano triangolare spezzato con cornici modanate e dentellate.
 
Altre decorazioni classicheggianti si trovano in alcuni sottarchi cassettonati con rosoni, ma di fattura più vernacolare. Le due campate sono separate da un’arcata trasversale. Le due cappelle laterali poste a destra, con i dovuti distinguo, sono pertinenti alla costruzione della stessa chiesa, mentre quelle a sinistra si pensa siano ricavate da edifici appartenenti al convento. Infatti la prima cappella fa pensare ad un semplice passaggio di comunicazione tra il convento e la chiesa; mentre la seconda dedicata a N.S della Guardia parrebbe la parte finale di un tratto d’ambiente più lungo, coperto con volta a crociera senza ogiva. Nel corso del seicento fu costruita la sacrestia sacrificando parte di una torre delle mura medioevali, i cui resti sono visibili solo all’esterno.
Intorno agli anni cinquanta vi fu la ristrutturazione della chiesetta, così come di alcune parti dell’ex convento, che la Maria Freddi non esita a definire “malaugurata”.

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